Nonostante alti e bassi nella rilevazione degli ultimi dati, l’economia statunitense regge il colpo e conferma, almeno per ora, che la Federal Reserve nella prossima riunione di fine settembre, alzerà il costo del denaro di 75 punti base portando i Fed Funds al 3.25%. I numeri sul mercato del lavoro pubblicati venerdì scorso, evidenziano ancora una buona crescita degli occupati anche nel mese di agosto, 315.000, al di sopra del consensus che era fermo a 300.000 unità. Ancora assunzioni quindi, specie nei servizi professionali e nell’assistenza sanitaria, ma anche assunzioni nel commercio al dettaglio e nel settore manifatturiero, nonostante Agosto sia tradizionalmente, un mese debole per l’occupazione.
Da segnalare però, a conferma che quando parliamo di dati misti, non siamo lontani dalla verità, che gli ordini di beni durevoli, attesi nel mese di luglio in crescita dello 0.2%, sono inaspettatamente scesi dello 0.1%, sempre negli Usa ovviamente. Se quindi facessimo una panoramica delle ultime rilevazioni del mese di luglio sui principali aggregati macro, osserveremmo questo fenomeno, che evidenzia incertezza, considerando anche il fatto che in quel mese, non erano ancora emersi gli effetti dei rialzi dei tassi di giugno e dello stesso luglio, di 75 punti base da parte della Fed. Quindi è presumibile che i prossimi mesi, che incorporeranno anche i due rialzi estivi, ci mostreranno numeri in calo e probabilmente un peggioramento della congiuntura.
Wall Street ha perso terreno venerdì chiudendo una settimana in rosso e segnalando che da metà agosto i principali listini hanno perso decisamente quota, tornando tecnicamente in tendenza ribassista. Sono tre le settimana di chiusure negative consecutive, a questo punto.
Anche le materie prime segnalano l’arrivo di una recessione, che sia hard o soft lo vedremo, ma comunque di un rallentamento economico, con i futures sul gas naturale negli Usa scesi di quasi il 6%. Il petrolio Wti cash è sceso nuovamente a 87 dollari mentre il Brent quota 94 dollari. La tendenza sembra distributiva e conferma un calo della domanda. Una chiusura sotto 83 84 dollari al barile per il Wti segnalerebbe l’inversione della tendenza rialzista iniziata ormai nel marzo 2020.
Entriamo nella fase calda dell’anno, e la tensione comincia ad essere palpabile. Sul fronte cambi la sterlina e lo Jpy sono le vittime sacrificali in un periodo di grande tensione, con il Cable addirittura sotto 1.1500 e UsdJpy sopra 140.00. Non è finita, e sorprende soprattutto l’assenza di dichiarazioni a difesa del tasso di cambio della Boe che lascia andare la valuta importando maggiore inflazione. Siamo sopra al 10% e saranno necessari almeno due o tre rialzi da 75 punti base nei prossimi mesi. Eppure la valuta scivola in ragione del deficit di credibilità che si è generato negli ultimi mesi, anche in assenza di una leadership strutturale all’interno dell’esecutivo inglese. Per quanto riguarda lo Jpy invece, poche e insignificanti novità, nel senso che la Boj è impegnata nella svalutazione dello Jpy da mesi, con riferimento alla necessità di far salire l’indice dei prezzi al consumo, che resta al di sotto del 2.5% su base annua, con il pericolo che una volta terminata la bolla delle materie prime, il paese torni in deflazione strutturale.
Sull’Euro, poco da segnalare, nel senso che siamo tornati sotto parità anche se navighiamo nell’intorno di quest’area, senza grandi scossoni. Si attende la Bce giovedì prossimo, attesa ad un rialzo trai 50 e i 75 punti base. E’ chiaro che la moneta unica sta tenendo solo per il fatto che le ultime dichiarazioni all’interno del board della banca centrale europea, hanno fatto riferimento ad un rialzo dei tassi dello 0.75% e non dello 0.50%, ma se dovesse esserci un rialzo inferiore, l’Euro potrebbe sprofondare nuovamente e puntare decisamente ai target di medio termine a 0.9590 0.9600.
Sulle altre valute, oceaniche in testa, poco da segnalare, nel senso che la correlazione dollaro centrica rende Euro e sterlina più volatili e i veri market movers, mentre le altre divise, comprese Aud e Nzd, tendono a seguirle con minore volatilità.
Teniamo le cinture allacciate, perché la settimana è densa di dati ed entriamo, come già ricordato, nella fase calda di questo 2022.
Saverio Berlinzani per ActivTrades.
Profilo dell’analista
Saverio Berlinzani
Nel 1989 inizia il suo percorso lavorativo nel mercato valutario come spot trader per il Banco Lariano. Dal ’91 per la Banque San Paolo di Parigi come trader su lira e franco francese. Dal ‘92 presso il Banco Lariano di Milano spot trader su tutte le valute SME. Dal ’95 per Swiss Bank Corporation capo cambista – Lugano, Ginevra, Londra.
In questi anni, oltre alla specializzazione sul mercato dello spot come market maker, ha sviluppato conoscenze del mercato dei derivati come trader di posizionamento per l’Istituto (Opzioni vanilla ed esotiche), nonché conoscenza diretta delle valute legate ai paesi emergenti (carry trades).
Dal ’98 è rientrato in Italia come Libero professionista in qualità di Consulente Finanziario e Patrimoniale – Presidente e socio fondatore di una società broker in forex. Dal 2009 ad oggi, trader indipendente nel mercato valutario fondatore del sito www.saveforex.it, community di traders con cui condivide quotidianamente in tempo reale la sua operatività forex attraverso una chat e un webinar live.
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