La due giorni di full immersion delle banche centrali si conclude con un nulla di fatto, se andiamo a leggere tra le righe e nel dettaglio i comunicati e le decisioni dei diversi comitati di banchieri.
La Fed ha alzato di mezzo punto percentuale con i Fed funds, ora nella forbice 4.25%-4.50%, allertando gli investitori sul fatto che c’è ancora bisogno di alzare il costo del denaro fino a quando non vi saranno segnali tangibili di ribasso dei prezzi, quindi dell’inflazione. Le parole di Jerome Powell hanno però sorpreso i mercati, che si attendevano una narrazione e un approccio decisamente più accomodanti rispetto ai rialzi futuri.
Ieri la Bank of England ha alzato i tassi di riferimento portandoli al 3.5%, e all’interno del board, in 6 contro 3 hanno votato per l’aumento di 50 punti base. Secondo il comitato saranno necessari altri rialzi per combattere una inflazione e crescita salariale ancora elevate.
La Bce ha fatto altrettanto, prefigurando nuovi futuri incrementi del costo del denaro, dopo aver alzato a sua volta della stessa percentuale delle altre banche, ovvero lo 0.50%.
In buona sostanza le tre principali banche (escludiamo la Boj che è ancora impegnata nel Qqe nonostante una inflazione al 3.5%) si muovono parallelamente (4.5% – 3.5% e 2.5%) e il mercato dei cambi, dopo un accenno a vendere ancora dollari in seguito alla decisione della Fed, ha parzialmente corretto un centinaio di punti dopo la Bce, per il classico principio del buy on rumors and sell on news. Ma complessivamente, possiamo affermare senza timore di smentita, che le banche centrali sono ancora decisamente orientate al mantenimento di una politica restrittiva, il che dovrebbe spingere il mercato azionario verso il basso e di conseguenza, data la correlazione intermarket vigente, consegnarci un dollaro in rialzo durante le prossime sedute. Sebbene la price action del biglietto verde, ancora evidenzi una debolezza intrinseca di cui tenere conto e soprattutto nonostante il fatto che la narrazione, quindi la correlazione vigente, potrebbe modificarsi in un timore di recessione Usa, con un cambiamento del legame tra azionario e valute e possibile discesa di entrambi, titoli e dollaro. Il posizionamento degli istituzionali, short pesantemente di divisa americana, ne è forse la principale ragione. E ora che accade? La sensazione è che i principali attori sul mercato, cominceranno da qui a qualche giorno, a tirare i remi in barca, perché i giochi sono fatti, si devono chiudere i bilanci e distribuire i bonus. Pertanto, ad eccezion fatta di oggi, venerdì 16 dicembre, giorno delle 4 streghe, ovvero la seduta in cui scadranno simultaneamente i futures su indici azionari, i futures su singole azioni, le opzioni su indici azionari e le opzioni su azioni, e che avviene in concomitanza con il terzo venerdì di ogni scadenza trimestrale (ovvero marzo, giugno, settembre e dicembre) i giochi dovrebbero essere fatti, e le prossime due settimane potremmo assistere ad un rallentamento generale delle price action. Per oggi invece, dovremmo vedere ancora volatilità importante, perché il giorno di queste scadenze di solito è erratico e estremamente interessante, specie a ridosso delle chiusure.
Nella notte, intanto, i mercati azionari asiatici hanno seguito la tendenza di quelli americani, che hanno chiuso in rosso ieri sera, con il Dow in ribasso del 2.25%, il Nasdaq del 3.23% e l’S&P 500 del 2.49%. I futures azionari sono in discesa anche stamani, di circa lo 0.1% mentre scriviamo. I timori che le banche spostino i pivot dei tassi più in alto rappresentano la vera ragione dei movimenti attuali. E a contribuire anche i dati sulle vendite al dettaglio Usa di ieri, uscite in calo e più deboli delle attese. Se i dati Usa dovessero confermare una futura recessione, da qui in avanti, la correlazione dominante, ovvero borse in controtendenza rispetto al dollaro, potrebbe modificarsi e potremmo vedere entrambi scendere, come abbiamo già ricordato, e che poi sembra la price action che abbiamo intravisto già questa notte con i listini asiatici in discesa e un dollaro ancora debole che fatica a correggere.
Saverio Berlinzani per ActivTrades.
Profilo dell’analista
Saverio Berlinzani
Nel 1989 inizia il suo percorso lavorativo nel mercato valutario come spot trader per il Banco Lariano. Dal ’91 per la Banque San Paolo di Parigi come trader su lira e franco francese. Dal ‘92 presso il Banco Lariano di Milano spot trader su tutte le valute SME. Dal ’95 per Swiss Bank Corporation capo cambista – Lugano, Ginevra, Londra.
In questi anni, oltre alla specializzazione sul mercato dello spot come market maker, ha sviluppato conoscenze del mercato dei derivati come trader di posizionamento per l’Istituto (Opzioni vanilla ed esotiche), nonché conoscenza diretta delle valute legate ai paesi emergenti (carry trades).
Dal ’98 è rientrato in Italia come Libero professionista in qualità di Consulente Finanziario e Patrimoniale – Presidente e socio fondatore di una società broker in forex. Dal 2009 ad oggi, trader indipendente nel mercato valutario fondatore del sito www.saveforex.it, community di traders con cui condivide quotidianamente in tempo reale la sua operatività forex attraverso una chat e un webinar live.
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