La Fed porta i Fed Funds al 4%, alzandoli di 75 punti base, (il sesto aumento consecutivo e il quarto di questa dimensione) e promette nuovi aumenti del costo del denaro. Ma rispetto alle conferenze stampa precedenti, in quest’ultima, è emersa una importante novità che non possiamo non ricordare. Fino a ieri infatti, ciò che preoccupava analisti e operatori, era il ritmo del rialzo dei tassi, che prevaleva addirittura sul livello a cui questi ultimi sarebbero potuti arrivare nel prossimo futuro. Ieri invece, Jerome Powell ha dato una spallata a questo paradigma che si era ormai radicato nei mercati e nelle opinioni degli operatori, con affermazioni molto chiare sul fatto che da oggi non conta più il ritmo di crescita degli eventuali aumenti, ma conterà il livello pivot a cui questi aumenti dovranno tendere, e la ragione è una sola, ovvero l’inflazione continua a salire senza alcuna indicazione reale di ribassi e va combattuta con determinazione. Anche se, evidentemente, si cominciano a sentire gli effetti di tanti rialzi così ravvicinati e significativi in termini percentuali, sulla congiuntura economica. Pertanto si deve proseguire nel rialzo, ma non al ritmo attuale, che però diventa insignificante ai fini degli obiettivi della Fed. Il mercato a questo punto vede i Fed Funds salire al 5% entro fine marzo 2023, nonostante il Governatore abbia anche dichiarato come il rallentamento della produzione stia mettendo sotto pressione gli investimenti fissi delle imprese.
Di fatto Powell si è dimostrato ancora falco, nonostante abbia ammesso che prima o poi i tassi raggiungeranno il picco, anche se non a breve termine. Pertanto la Fed vuole evitare un prematuro allentamento, ma allo stesso tempo non alzerà più al ritmo attuale, forse già dalla prossima decisione prevista nel mese di Dicembre.
Il mercato ha viaggiato sulle montagne russe fino alla fine della conferenza stampa, poi ha preso una direzione ben precisa, ovvero il dollaro ha ripreso a salire come avevamo anche notato nelle ultime due sedute, proprio in ragione delle aspettative di una Fed ancora rialzista. L’EurUsd, che 5 giorni fa era salito a ridosso di 1.0100, ha toccato un minimo a 0.9804 per poi stabilizzarsi nella notte intorno a 0.9830. Tecnicamente siamo tornati nuovamente nel trend ribassista anche nei grafici di breve e non solo in quelli di medio termine con obiettivi possibili in area 0.9690 in primis e successivamente anche 0.9640, ultimo supporto prima del minimo assoluto degli ultimi 21 anni a 0.9535. Sterlina protagonista di una discesa analoga con obiettivi possibili compresi tra 1.1000 e 1.0900 mentre il UsdJpy è tornato sopra 147.00 e punta nuovamente a vedere le resistenze intorno a 148.85. Sul UsdJpy lo swap peraltro è diventato qualcosa di estremamente importante dato che oggi il delta tasso supera il 4% che in termini di pips significano quasi 600 pips all’anno ovvero 50 pips al mese di guadagni, se si acquistano dollari e si vendono Jpy. Il premio da pagare ovviamente è anche superiore se invece si acquistano Jpy e si vende divisa Usa. Il ritorno del carry trade su questa coppia automaticamente, potrebbe far tornare la valuta giapponese nel proprio status di moneta rifugio, che potrebbe evidenziarsi poi, qualora l’economia Usa entrasse in recessione, spostando quindi tale caratteristica dal dollaro allo Jpy nuovamente.
Sulle oceaniche, dobbiamo dire che hanno perso anch’esse qualcosa, ma tutto sommato per il momento reggono abbastanza bene intorno a 0.6370 e 0.5840 per Aud e Nzd rispettivamente. Segnaliamo poi un UsdChf sopra la parità, in ragione del fatto che anche tra queste due valute il delta tasso è del 3.5%, sufficiente a spingere gli investitori a stare long divisa Usa esclusivamente per il fatto di incassare un buon premio.
Sul fronte dei listini, le borse ovviamente hanno perso terreno, con il Dow Jones che ha mollato quasi 1000 punti, anche se l’indice risk on risk off, (fear and greed index) rimane tranquillo e non torna sotto 50 punti che indicano neutralità. Il petrolio è tornato sopra 95 (Brent), mentre il Wti si trova a ridosso degli 89 dollari.
Sul fronte dati segnaliamo l’uscita della bilancia commerciale australiana, che ha visto il surplus aumentare ancora a 12.4 miliardi di Aud nel mese di settembre, ben superiore al dato precedente di 8.66 miliardi. Export alle stelle con un +7% di aumento mensile (60.61 miliardi di export) che la dice lunga sullo stato di salute del paese oceanico, mentre l’import è aumentato solo dello 0.4% arrivando a 48.1 miliardi. L’avanzo commerciale è salito a 102 miliardi. Ma non dimentichiamo che oggi è il giorno della Bank of England che alle 13.00 oggi alzerà presumibilmente i tassi dello 0.75% portandoli al 3%. Sarà molto interessante leggere il commento della Boe per capire se manterrà il medesimo approccio rialzista o se per qualche ragione rallenterà anch’essa il ritmo di crescita del costo del denaro.
Saverio Berlinzani per ActivTrades.
Profilo dell’analista
Saverio Berlinzani
Nel 1989 inizia il suo percorso lavorativo nel mercato valutario come spot trader per il Banco Lariano. Dal ’91 per la Banque San Paolo di Parigi come trader su lira e franco francese. Dal ‘92 presso il Banco Lariano di Milano spot trader su tutte le valute SME. Dal ’95 per Swiss Bank Corporation capo cambista – Lugano, Ginevra, Londra.
In questi anni, oltre alla specializzazione sul mercato dello spot come market maker, ha sviluppato conoscenze del mercato dei derivati come trader di posizionamento per l’Istituto (Opzioni vanilla ed esotiche), nonché conoscenza diretta delle valute legate ai paesi emergenti (carry trades).
Dal ’98 è rientrato in Italia come Libero professionista in qualità di Consulente Finanziario e Patrimoniale – Presidente e socio fondatore di una società broker in forex. Dal 2009 ad oggi, trader indipendente nel mercato valutario fondatore del sito www.saveforex.it, community di traders con cui condivide quotidianamente in tempo reale la sua operatività forex attraverso una chat e un webinar live.
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