Nelle ultime settimane la volatilità del mercato dei cambi è letteralmente esplosa, con un aumento significativo su tutti i cambi contro Dollaro. La ragione, è banale ricordarlo, deriva dalla evidente volontà degli americani di deprezzare il Dollaro.
Mnuchin, segretario al tesoro Usa, due giorni orsono, aveva ricordato che all’America era comodo un Dollaro debole, dichiarazione che aveva, in un momento già di alta volatilità, scatenato la reazione di un mercato fragile e apparentemente illiquido, causando una ulteriore caduta del biglietto verde.
Una dichiarazione che ha lasciato perplessi un po’ tutti, a cominciare dallo stesso Draghi, che nella conferenza stampa di giovedì scorso, che ha fatto seguito alla decisione unanime di lasciare invariati i tassi e asset purchase, ha affermato di non essere a conoscenza del cambiamento di politica sul dollaro da parte dell’amministrazione Trump, ricordando che al G20 erano stati presi ben altri accordi. Si è compreso quindi, che vi sono degli accordi per mantenere una certa stabilità dei tassi di cambio. Dopo poche ore è giunta la risposta di Trump che ha ribadito la volontà di un Dollaro forte, di fatto scatenando un contro-movimento a favore del biglietto verde, importante e di una certa rilevanza. Si dice sempre, a tutti i livelli, che si deve evitare una guerra valutaria, che di fatto però esiste ed è accettata da tutti.
Tre anni fa fu il turno dell’Europa deprezzare il cambio, da 1.4000 a 1.0500 in due anni, ora è in atto il tentativo contrario. L’Eurozona è l’area più in surplus di tutto il pianeta. La Germania, che ha un terzo del Pil cinese, ha un surplus della bilancia commerciale di poco inferiore. Di fatto, oggi l’Europa vorrebbe che il Dollaro non si deprezzasse. La ragione la conoscono tutti anche se si fatica ad ammettere. L’Europa è e rimane un’area valutaria inefficiente e senza un Euro debole, queste inefficienze emergerebbero violentemente. E queste anomalie si evidenziano decisamente e drammaticamente ogniqualvolta la moneta unica va nella direzione del rialzo, perché ciò alimenta le divergenze tra aree periferiche e aree core.
Tecnicamente la chiusura di Eurusd delle ultime due sedute, farebbe pensare ad una inversione, ma questo non è assolutamente certo, anche perché per ora, si tratta di una correzione legata ad una dichiarazione di facciata.
Il mercato però si è calmato, in termini di volatilità di breve termine, e potremmo trovare spunti interessanti e tecnici di breve.
Infine, non dobbiamo dimenticare l’analisi macro. Da questo punto di vista, il rialzo della moneta unica, in una fase in cui le politiche monetarie, dovrebbero, nel medio termine, portare ancora ad un allargamento della forbice tra i tassi Usa e quelli di Europa e Giappone, non ha molto senso, perché se il mercato si muove sulle aspettative, l’Euro avrebbe dovuto scendere ancora. Ma la ragione per cui è salito e sale, è politica e legata alla decisione di Trump di agire in modo chiaramente protezionistico verso il resto del mondo, pensando soprattutto all’America.
Non a caso lo slogan “American first” si è tradotto in tutto quello che stiamo vedendo, ovvero riforma fiscale, rimpatrio di capitali negli Usa, chiusura verso il resto del mondo. Qualcosa che molti giudicano pericoloso.
Da un punto di vista del trading, comunque, si dovrebbe assistere ad un mercato bilaterale, in cui l’analisi tecnica probabilmente, tornerà a contare qualcosa, dopo seduta da panic selling dollaro.
Saverio Berlinzani per ActivTrades.
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