Per la prima volta, da quando Trump ha cominciato a parlare di dazi, ovvero un anno e mezzo orsono, ieri il Presidente ha scritto un tweet dove, velatamente, si è detto preoccupato del livello del dollaro. Ha infatti scritto “Come vostro Presidente, penserete che io sia elettrizzato dal nostro dollaro forte. Non lo sono! Gli alti tassi di interesse della Fed, rispetto ad altri paesi, stanno mantenendo il dollaro a livelli elevati, rendendo la vita difficile ai nostri colossi manifatturieri Caterpillar e Boeing”.
Da molto tempo, come sapete, andiamo dicendo che il Presidente dovrebbe, anziché concentrarsi sui dazi che non fanno altro che deprimere l’economia globale creando tensioni e ritorsioni tra i diversi paesi, studiare il modo per indebolire la valuta americana, con le stesse modalità con cui la Pboc per anni ha manipolato il tasso di cambio. Quel che diciamo è logicamente una provocazione: sappiamo bene che sarebbe impossibile per il Tesoro Usa imporre qualcosa alla Fed, che è e deve rimanere banca centrale indipendente. Ma certo una strada può essere quella degli interventi verbali per cercare di ridimensionare leggermente una valuta che sta salendo contro tutte le valute emergenti, e le schiaccia inesorabilmente, senza soluzione di continuità. Il che produce un aumento dell’avversione al rischio che va ad impattare sulle valute flessibili, alimentando acquisti di valute rifugio in quel mercato e generando squilibri importanti.
Ma se il Presidente decidesse di abbassare la tensione sul tema tariffe, il mercato si rasserenerebbe improvvisamente andando a ricreare le condizioni di risk on che provocherebbero un ridimensionamento della valuta americana. Ecco la strada quindi per ottenere il tanto agognato ribasso della valuta ossia cercare di trovare un accordo ragionevole riducendo al minimo i dazi, chiedendo in cambio ai cinesi (che possono farlo perché non esiste separazione e indipendenza della Pboc dal Governo Centrale) di rivalutare uno Yuan tornato contro dollaro sotto pressione (UsdYuan sopra 7.00). E il tweet di ieri dimostra che il Presidente sta cominciando forse a comprendere che il problema dei dazi andrebbe gestito in modo differente.
Intanto sul mercato assistiamo ad una fase di consolidamento e di correzione, che per ora pare temporanea, in quanto i pullback non hanno violato alcun livello determinante di medio termine tale da poter confermare una qualunque inversione, però se non altro, l’enorme tensione vissuta sul mercato valutario sembra allentarsi leggermente. Sulle oceaniche abbiamo notato un recupero di Aud e Nzd, capaci di recuperare quota 0.6800 e 0.6500 rispettivamente, il che non è poco dato che avevamo vissuto ben 16 sedute di ribassi consecutivi. Euro stabile contro dollaro, nel senso che la forza a salire, notata nelle ultime sedute, pare ridimensionarci a causa dei timori di caduta del Governo nel nostro paese. Cable stabile in area 1.2140, ma non lontano dai minimi di 1.2070, sempre in bilico per le tensioni legate al fatto che Boris Johnson sembra andare allo scontro frontale con la Ue, senza minimamente considerare le pressioni sul tasso di cambio e sulla Boe che potrebbe abbassare i tassi. Tra l’altro oggi è giornata di dati inglesi, con la pubblicazione, tra gli altri, del Pil del secondo trimestre, atteso a +1.4%. Il UsdJpy resta sotto pressione con quel target a 104.50 che non è lontano e che se violato, aprirebbe chiaramente la strada al test della soglia psicologica di 100. La Boj ha detto più volte di essere vigile sui cambi e, negli ultimi anni, tutti i tentativi di andare sotto quota 100 sono stati abortiti da interventi verbali e non della stessa autorità monetaria, da sempre molto attiva sul mercato dei cambi. Come non ricordare gli interventi massicci fatti di acquisti di dollari negli anni 2010/2011 in area 75.00-80.00 che sfociarono poi, data la difficoltà di breve termine di indebolire lo Jpy, nel QQE (Quantitative and Quality easing), il vero motore della risalita del dollaro degli anni 2012–2015? O come dimenticare gli interventi per rafforzare lo Jpy nel 1998 con la crisi Russia a 145.00-147.00 Jpy per dollaro? Di fatto quindi, la Boj osserva da sempre e con grande attenzione il mercato dei cambi, con un atteggiamento molto attivo, quasi da market maker, per limitare la volatilità sullo Jpy, la valuta rifugio che nei periodi di risk off tende a tornare estremamente volatile e termometro del livello di rischio presente sui mercati.
Questo il quadro cari amici, alla vigilia di due settimane in cui sospenderemo la pubblicazione del Morning Briefing per un breve periodo di vacanza. Riprenderemo Lunedì 26 agosto.
Buona giornata e buon trading.
Saverio Berlinzani per ActivTrades.
Profilo dell’analista
Saverio Berlinzani
Nel 1989 inizia il suo percorso lavorativo nel mercato valutario come spot trader per il Banco Lariano. Dal ’91 per la Banque San Paolo di Parigi come trader su lira e franco francese. Dal ‘92 presso il Banco Lariano di Milano spot trader su tutte le valute SME. Dal ’95 per Swiss Bank Corporation capo cambista – Lugano, Ginevra, Londra.
In questi anni, oltre alla specializzazione sul mercato dello spot come market maker, ha sviluppato conoscenze del mercato dei derivati come trader di posizionamento per l’Istituto (Opzioni vanilla ed esotiche), nonché conoscenza diretta delle valute legate ai paesi emergenti (carry trades).
Dal ’98 è rientrato in Italia come Libero professionista in qualità di Consulente Finanziario e Patrimoniale – Presidente e socio fondatore di una società broker in forex. Dal 2009 ad oggi, trader indipendente nel mercato valutario fondatore del sito www.saveforex.it, community di traders con cui condivide quotidianamente in tempo reale la sua operatività forex attraverso una chat e un webinar live.
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