La Ragioneria di Stato ha gelato le attese di coloro che auspicavano uno stop o un rallentamento all’adeguamento all’aspettativa di vita dei requisiti anagrafici necessari per poter accedere alla pensione. Una misura che era stata invocata dai sindacati e supportata da parti parlamentari, i quali richiedono che non scatti l’aumento a 67 anni, attualmente previsto per il 2019 per poter maturare i requisiti anagrafici di accesso alla pensione.
Un buon intento – quello di cui sopra – che si deve tuttavia scontrare con la triste realtà dei numeri, impietosamente certificata dal rapporto sulla spesa per le pensioni da parte della stessa Ragioneria, che sottolinea come interventi di legge che siano finalizzati a limitare, differire o dilazionare gli adeguamenti automatici sulle pensioni – inclusi gli scatti di età – avrebbero come effetto quello di indebolire in maniera sostanziale la “complessiva strumentazione del sistema pensionistico italiano”. Insomma, tra le ultime notizie sulle pensioni c’è una bocciatura di qualsiasi tentativo di riforma in tale ambito, con la Ragioneria che conclude sottolineando come ritornare nella sfera della discrezionalità politica avrebbe come conseguenza quella di “peggiorare la valutazione del rischio Paese”.
Ad ogni modo, non sono altresì pochi i critici che sottolineano come in realtà una simile misura non avrebbe comunque apportato particolari benefici, considerando che l’ipotesi di revisione ai requisiti anagrafici per l’accesso alla pensione sarebbe solamente una misura tampone, considerato che anche in presenza di un blocco dell’adeguamento automatico alla speranza di vita, il requisito sarebbe comunque adeguato a 67 anni nel 2021, anno in cui scatterà l’applicazione di una specifica clausola di salvaguardia, introdotta a suo tempo su richiesta della Commissione Europea e della Banca Centrale Europea, da mantenere costante su questo livello.
Come se non fosse sufficiente quanto sopra, la Ragioneria di Stato è poi tornata sull’argomento sottolineando come lo stop all’adeguamento all’aspettativa di vita avrebbe una conseguenza non solamente in termini di incremento della spesa previdenziale, con conseguente aumento della spesa per le prestazioni in capo alle persone, ma determinerebbe altresì una sensibile diminuzione del tasso di sostituzione, inteso come il rapporto tra la pensione incassata e l’ultimo stipendio percepito.
L’appuntamento per le prossime novità sulle pensioni degli italiani sembra ora slittare direttamente a settembre, quando è in programma un incontro tra le parti sindacali e il governo, a tema centrale sull’Ape sociale e sulle pensioni per i lavoratori precoci. È lecito pensare che un incremento dei costi dovuti alle pensioni anticipate, potrebbe comportare un taglio delle risorse pensionistiche destinate alle nuove generazioni. È inoltre molto probabile che, alla luce dell’insufficienza delle risorse economiche per soddisfare tutte le domande per la quota 41 e per l’Ape sociale, il governo valuterà la possibilità di aumentare le disponibilità economiche.
Per il momento, considerato anche l’approssimarsi della stagione elettorale, è difficile prevedere che possano esservi degli impatti maggiori sul mondo delle pensioni. Ne deriva che da qui al prossimo anno potrebbero esservi dei meri aggiornamenti, ma sarebbe comunque opportuno evitare di attendersi riforme pensionistiche strutturali di importante dimensione e rilevanza.