Dalla fine degli anni ‘90 ai giorni nostri, le modalità con cui si può investire sui mercati finanziari sono cambiate radicalmente, soprattutto perché sono mutate le condizioni di accesso ai mercati grazie all’interconnessione alla borsa valori e alle nuove tecnologie.
Nel 2000 la maggior parte delle piattaforme di trading non aggiornava i prezzi in push, ma necessitava di un refresh manuale della pagina web su cui risiedevano, inoltre pochi eletti avevano la possibilità di accedere a mercati esterni a quello dei titoli quotati sulla Borsa italiana. Oggi la tecnologia ci permette di operare da qualsiasi parte del mondo su tutti i mercati globali e gli ordini vengono eseguiti in pochi millesimi di secondo.
Anche le abitudini di investimento degli italiani sono man mano cambiate. A fronte delle possibilità di facile accesso ai mercati dei derivati, la stragrande maggioranza
degli investitori privati predilige il mercato azionario tradizionale o al massimo gli indici delle principali borse europee ed americane.
Ancora oggi, chi si affida al tradizionale consulente all’interno della filiale dell’istituto bancario presso cui detiene i risparmi, decide di seguire il suggerimento standard di allocazione del patrimonio liquido, quello che prevedere la suddivisione del capitale di rischio in azioni, obbligazioni e liquidità.
Una percentuale, al momento ancora piccola, di risparmiatori, ha iniziato a prendere in considerazione la possibilità di impiegare una parte della torta da dividere, nei cosiddetti “investimenti alternativi“, quelli che trasformano l’investitore tradizionale in sofisticato. In un mondo caratterizzato da anni dalla politica di tassi a zero delle principali banche centrali, assumere consapevolezza degli investimenti che possono dare un rendimento superiore alla media è quanto mai necessario.
L’investimento in obbligazioni governative da qualche anno non dà soddisfazioni, basti pensare che l’emissione di ottobre 2016 di BTP a 50 anni, che prevedeva un rendimento iniziale in collocamento del 2,8%, accusa una perdita in conto capitale di circa il 15% alla fine del primo trimestre del 2017.
Gli investimenti in materie prime
L’investimento alternativo per eccellenza in borsa oggi è rappresentato dalle materie prime. Spesso ho sentito dire da chi, pur esperto di borsa, non negozia questi mercati, che le commodity sono un asset rischioso a causa di una presunta alta volatilità dei prezzi ed inefficienza degli strumenti finanziari con cui si opera sui sottostanti.
Questo poteva essere vero 15 anni fa, oggi la maggior parte dei mercati delle materie prime quotate in USA, sono materie prime inoltre rappresentano l’ultimo asset finanziario i cui prezzi sono mossi dalla domanda e dall’offerta nel medio periodo, al contrario di azioni, obbligazioni e valute, ormai in balia completa delle politiche di banche centrali e governi.
Il fattore distintivo più interessante, rispetto ad esempio al mercato azionario, si può apprezzare quando si osserva la dinamica di movimento di un portafoglio in caso di shock di mercato. Chi è investito in azioni, subirà senza possibilità di scampo tutto il movimento ribassista che, in liquidi ed estremamente efficienti. La caso di turbolenze finanziarie, colpisce indistintamente tutti i titoli presenti in portafoglio
In un portafoglio caratterizzato da una accurata distribuzione degli asset attraverso una corretta diversificazione nei vari settori delle materie prime (tutti decorrelati tra loro), gli shock di mercato vengono assorbiti ed ammortizzati molto meglio, proprio grazie alla mancanza di correlazione tra i vari settori di investimento. Diminuiscono quindi, contrariamente ai luoghi comuni, le percentuali di drawdown e aumentano i rendimenti globali quando le cose marciano per il verso giusto.
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