La Banca Centrale della Nuova Zelanda è l’ultima banca centrale ad aver annunciato la rimozione delle politiche di stimolo tra le valute del G10. Una linea che aveva visto in prima fila la Banca del Canada, la quale aveva guidato la carica a partire da aprile. In questo report prendiamo in esame alcune operazioni in parte non correlate per i mesi a venire da cui potenzialmente dipende il tema della normalizzazione dell’intervento degli istituti centrali.
Focus sul Forex: Trading sul tema della normalizzazione delle banche centrali nelle valute del G10
La pubblicazione dell’Indice dei Prezzi al Consumo statunitense di giugno ha avuto un impatto abbastanza modesto sui mercati. Il dollaro è salito di alcuni punti e le aspettative della Fed sono state scosse di qualche punto base, ma non c’è stato un ampio spostamento fuori dai recenti intervalli di trading, suggerendo che il mercato continua ad accettare la visione della Fed (o una visione parziale della Fed, almeno, visto che i dissidenti sono sempre più rumorosi) secondo cui l’inflazione si dimostrerà transitoria. Il nostro punto di vista è che, mentre le misure sequenziali dell’inflazione mese per mese probabilmente si modereranno nei prossimi tempi, man mano che alcuni fattori una tantum svaniranno, l’inflazione non sia affatto transitoria. Indipendentemente da ciò, il mercato ha rispettato il fatto che la Fed ha cambiato direzione. Quindi, per gli investitori pessimisti/ribassisti nei confronti del dollaro, dovrà essere confermata l’opinione che la Fed tarderà a rimuovere l’accomodamento rispetto ai fondamentali sottostanti di tassi di interesse reali e al deficit delle partite correnti.
Poi è arrivata la Banca Centrale della Nuova Zelanda che ha sorpreso il mercato con la sua mossa “da falco” in ottica di avvio del tapering. Alla luce di questa situazione (che prevede una normalizzazione delle politiche delle banche centrali), ecco alcune operazioni a medio e lungo termine che potrebbero essere interessanti nei prossimi mesi e che potrebbero mantenersi decorrelate (almeno in gran parte) sebbene in alcuni casi è inevitabile che ci possa essere una condivisione direzionale con questo scenario.
Corona norvegese NOK troppo debole?
La Norges Bank sarà probabilmente la prima banca centrale del G10 ad aumentare i tassi, avendo specificamente previsto di procedere in questa direzione a settembre nella riunione del 17 giugno e prevedendo un tasso dell’1,50% entro la fine del 2024. La NOK si è trovata in mezzo ad una dura corsa al ribasso tra una Fed più “hawkish” e l’impennata dei prezzi del petrolio (cosa di norma molto favorevole alla NOK). Ma questa compressione potrebbe essere vicina al termine; l’attenzione potrebbe tornare alla normalizzazione dei tassi da parte delle banche centrali e la Norvegia potrebbe fare da apripista.
Trade: Long NOK vs. un paniere di EUR, SEK e USD (si ferma se NOK è più debole rispetto a tutti e tre e EURNOK, per esempio, scambia a nord di 10.50 e USDNOK scambia a nord di 8.90 mentre NOKSEK scende sotto 0.9700).
Il rischio principale per questo trade: un’ulteriore compressione delle posizioni lunghe in NOK su una grossa correzione dei prezzi del greggio o nel sentiment di rischio se la Fed Powell spaventa i mercati e il dollaro continua a salire.
Potenziale di ribasso dell’EURGBP?
L’inflazione nel Regno Unito ha riportato le aspettative sui tassi della Bank of England (BoE) verso i massimi del ciclo: il primo ministro britannico ha rimosso tutte le restrizioni dovute al Covid-19 e questo può sovraccaricare ulteriormente i numeri dell’attività britannica e far avanzare le aspettative di tassi della BoE più in linea con le aspettative del mercato, nonostante la sua posizione sia simile a quella della Federal Reserve rispetto all’inflazione ritenuta transitoria. Per la Sterlina Britannica (EURGBP) va segnalata la necessità di monitorare la posizione della BCE che ha confermato: il QE non finirà rapidamente. Più avanti, l’attenzione principale sarà rivolta alla riunione della BoE del 5 agosto. Un’altra osservazione riguarda quanto sia grande il trading di criptovalute per il suo reddito complessivo, ma anche quanta parte delle attività di custodia siano in criptovalute. Questo ci porta ad alcuni dei rischi chiave per gli azionisti di Robinhood. Le azioni altamente speculative, le criptovalute e il pagamento per il flusso degli ordini sono tutti fattori chiave della crescita ma è probabile che tutte queste aree aumentino i controlli da parte delle autorità di regolamentazione che stanno cercando di incrementare la protezione dei consumatori nel trading. Il vantaggio commerciale di Robinhood consiste nella capacità di continuare a conquistare quote di mercato e di espandere nel tempo i servizi per i propri clienti esistenti che potrebbero un giorno includere soluzioni di gestione patrimoniale in modo automatizzato.
Trade: EURGBP corto a 0,8515 con uno stop sopra 0,8620 per un test di 0,8300 (obiettivo di trading: 0,8325)
Rischio principale per questo trade: il debole sentiment di rischio generale fiacca la convinzione nella forza delle prospettive future per i rialzisti della sterlina.
La divergenza di politica di AUD vs. NZD è troppo grande – si riconverte?
La Banca Centrale della Nuova Zelanda ha sorpreso tutti alcuni giorni fa muovendosi improvvisamente per abbandonare semplicemente tutti gli acquisti di QE a partire dalla settimana corrente, accorciando di molto il tempo necessario per raggiungere i propri obiettivi di inflazione e di occupazione. Questo porta fortemente verso un aumento dei tassi più avanti nell’anno.
Ciò è correlato alla RBA (Banca Centrale Australiana) che è stata estremamente cauta nelle sue mosse e continua ad esprimere l’opinione che può aspettare fino al 2024 prima che le condizioni siano mature per un rialzo dei tassi. O la Nuova Zelanda si sbaglia ad essere così “falco” o l’Australia si sbaglia ad essere così “colomba”. L’Australia è anche nel bel mezzo di un’epidemia della variante Covid dopo aver affrontato con successo il virus in precedenza – un fattore che potrebbe improvvisamente svanire in modo rapido. Le divergenze AU-NZ sono così forti tra le due economie che in realtà abbiamo difficoltà a vedere come possano evolversi da qui con gli spread dei tassi a 2 anni ai minimi di sei anni, in quanto il mercato ha prezzato un notevole irrigidimento da parte della RBNZ, mentre ci aspettiamo che se il processo di normalizzazione continuerà, la cautela della RBA si sarà dimostrata eccessiva, portando il mercato a giocare al rialzo lungo la strada.
Trade: Acquistare mezza posizione a 1.0600 e un’altra mezza posizione nelle vicinanze di 1.0500 con stop sotto 1.0400 per un eventuale recupero verso 1.0900+ in quanto il mix di materie prime dell’Australia si rivelerà più interessante per le esigenze della trasformazione verde (rame, anche uranio, ecc.). Correggeremo il tiro se l’azione dei prezzi tornerà più in alto e si terrà ben lontano da 1.0500.
Rischio principale per questo trade: semplicemente che siamo troppo in anticipo – la divergenza politica tra NZ e Australia potrebbe continuare ad allargarsi, portando la coppia AUD-NZD sotto 1,0400.
USD – La Fed continuerà a rimanere indietro?
La pubblicazione dell’Indice dei Prezzi al Consumo statunitense di giugno ha visto un dollaro che è riuscito a recuperare il supporto principale sulla scia della riunione del FOMC del 16 giugno. Ma questo movimento deve essere opportunamente tenuto sott’occhio anche perché pare chiaro che la Fed si sta orientando con cautela verso una riduzione degli stimoli e bisognerà capire se realmente si muoverà in ritardo rispetto alle altre banche centrali.
Trade: opzione call EURUSD a 6 mesi, strike 1,2000, parzialmente compensata dall’opzione put 1,1500 (costo totale circa 60 pip con riferimento allo spot: EURUSD scambiato a 1,1800 il 14 luglio). Un’opzione call AUDUSD a 3 mesi, strike 0.7700 (costo: 46 pip con rif. spot: AUDUSD a 0.7457 il 14 luglio). Stop sulla put short EURUSD se lo spot scende sotto 1,1600 per più di due giorni.
Rischio principale per questo trade: Le incertezze manifestate dalla Fed sulla necessità della riduzione degli acquisti di asset possono continuare a far salire il dollaro e diminuire il sentiment di rischio.
Articolo di John Hardy, head of FX Strategy per BG Saxo. Altre informazioni su www.bgsaxo.it
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